Taraschi e Pirocchi, glorie dell’Abruzzo da corsa

Renato PirocchiRenato Pirocchi

Questa settimana vi raccontiamo un altro pezzo della storia dei motori in Abruzzo, che parte da Teramo per incrociarsi più volte con Pescara e con le più importanti corse del tempo.

E’ la storia di due piloti che corsero tra gli anni ’30 e gli anni ’60, scrivendo pagine importanti dell’automobilismo italiano e traghettando le corse dall’epoca dei temerari, tra i due conflitti mondiali, alle prime avvisaglie della supremazia tecnica inglese; è la storia di Berardo Taraschi e di Renato Pirocchi, a cui si aggiungerà qualche decennio dopo un altro teramano da corsa, Gabriele Tarquini.

Berardo Taraschi fu soprannominato Lupo d’Abruzzo”, per la sua tenacia, ma anche per le sue qualità agonistiche e strategiche, ma a pensarci bene la sua storia ricalca un po’, fatte le dovute proporzioni, quella di Enzo Ferrari, prima pilota e poi costruttore da corsa.

Berardo Taraschi, il "Lupo dAbruzzo"

Berardo Taraschi, il “Lupo dAbruzzo”

Taraschi, da sempre appassionato di meccanica ma proveniente da una famiglia agiata che non vedeva troppo di buon occhio queste sue inclinazioni, si dedicò fin da giovanissimo, esordì a 19 anni, alle corse in moto. Con le due ruote conquistò molte vittorie e si fece valere anche in guerra, come motociclista ricognitore nella campagna di Russia, ma la sua particolarità consisteva in una preparazione e competenza meccanica superiore. Erano tempi dove il rischio era in agguato dietro ogni curva e, nel 1946, Berardo decise che le corse in moto erano troppo pericolose; si dedicò così alle auto. Taraschi, appunto come Ferrari, divenne costruttore, anche se continuò per anni a cimentarsi ancora come pilota, ottenendo peraltro vittorie assai prestigiose anche con le quattro ruote, spingendosi fino a correre ben 14 gran premi di formula uno, anche se non validi per il mondiale. Il “Lupo d’Abruzzo” aveva infatti acquistato una ormai obsoleta Ferrari 166 elaborandola nella meccanica per renderla almeno accettabilmente competitiva; grazie alle sue migliorie ottenne un quinto posto al Gran Premio del Valentino di Torino e un sesto al Gran Premio di Napoli, entrambi nel ’55 e in tutte e due le occasioni staccatissimo dai primi.

Ma le più grandi soddisfazioni Taraschi se le tolse da costruttore. Fin da subito dopo l’abbandono delle corse motociclistiche, Taraschi iniziò a rielaborare e poi costruire piccole monoposto che battezzò, dietro suggerimento del leggendario Marchese Diego de Sterlich Aliprandi, Urania, come il colle di Teramo. Le Urania erano vetture veloci e competitive, tanto da ottenere successi in tutte le più grandi competizioni dell’epoca, successi che continuarono con l’accordo coi fratelli Giannini che diede vita alla Giaur (acronimo di “Giannini” e “Urania”, ma anche nome di un famoso cavallo da corsa) fino al 1957, anno in cui il costruttore teramano si dedicò in proprio alla Formula Junior, importante categoria cadetta di fine anni ’50. L’avvento del motore posteriore e la sempre maggior competitività delle case britanniche, che disponevano di grandi mezzi, mise fine alla storia di Taraschi costruttore.

Proprio grazie alla Formula Junior, le strade di Taraschi e di Renato Pirocchi si incrociarono per la prima volta. Pirocchi nasce nel 1933 a Notaresco, anche lui quindi nel teramano, e inizia a correre, e vincere, nel 1954 con una Stanguellini. Quando passa alla Formula Junior, inizialmente corre proprio con la Urania; Pirocchi è un giovane pilota fortissimo, vince il circuito di Teramo, vince a Cuba ed è secondo sul leggendario Nurburgring. Nel 1961 completa la sua scalata partecipando al Gran Premio d’Italia che si corre a Monza. La sua partecipazione ci rende doppiamente orgogliosi, infatti la vecchia Cooper Maserati con cui corre, gareggia sotto le insegne del “Pescara Racing Team”. L’occasione si rivela però molto triste, non solo perché la monoposto è piuttosto logora e Pirocchi deve accontentarsi di portarla alla fine in dodicesima posizione, staccatissimo dalla Ferrari di Phil Hill, ma soprattutto perché la gara di Monza passa alla storia come la più tragica della storia della formula uno. Al secondo giro, infatti, nella frenata prima della Parabolica, una terribile carambola innescata da Jim Clark porta alla morte di Von Trips, che stava per laurearsi campione, e la cui Ferrari falcia la folla provocando 14 morti.

Rimarrà l’unica gara nella massima serie di Pirocchi che l’anno dopo lascia le competizioni attive, ma rimane nell’ambiente; sarà per vent’anni presidente dell’Aci di Pescara e contribuirà in modo decisivi al rilancio delle Svolte di Popoli, la celebre cronoscalata.

Le competizioni stanno ormai cambiando, l’aspetto più romantico viene soppiantato da quello tecnico; la sicurezza, per fortuna, fa grandi passi in avanti. E toccherà aspettare 26 anni per rivedere l’Abruzzo in formula uno, grazie a Gabriele Tarquini. Ma questa è un’altra storia, e ve la racconteremo la prossima volta.

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