Dopo innumerevoli incontri a Palazzo Vidoni ancora fumo nero per il contratto relativo al periodo, quasi scaduto, 2022-2024. Per la prima volta ci sono i sindacati militari a rappresentare i Cittadini in Divisa e ad accompagnare la rivendicazione sindacale delle Forze di polizie civili, ma quello che sembra trapelare sono divisioni nelle visioni che danneggiano una giusta rivendicazione per il nostro comparto.
Al di là delle considerazioni già fatte sulla inconsistenza di quanto a disposizione (che recupera solo un terzo dell’inflazione) anche le fantasiose ricostruzioni per le quali dobbiamo essere fortunati cozzano contro i numeri. Se non vengono concessi arretrati per il 2022 e il 2023 la cifra che parla di un 6% circa di aumento dei nostri salari in realtà corrisponde solo alla metà, visto che non concedendo soldi sui primi due anni del contratto il governo dimezza quanto servirebbe a un vero aumento contrattuale, che dovrebbe essere spalmato giustamente su tutto il periodo. Perché arrendersi alla insufficienza degli stanziamenti e non rivendicare ulteriori risorse?
“È chiaro il danno economico e anche previdenziale per chi è in servizio, e soprattutto per i Colleghi che sono andati in pensione,” precisa Roberto Di Stefano, legale rappresentante del MOSAC (Movimento Sindacale Autonomo Carabinieri). “Colleghi che non beneficeranno del contratto per il periodo nel quale erano ancora in servizio. Colleghi, che insieme a noi ancora in servizio, mentre vedono tutte queste difficoltà nel trovare risorse per chi è in basso nella catena alimentare, e che, con i Cittadini, vivono le difficoltà del potere di acquisto diminuito ed assistono però ad aumenti automatici consistenti per gli stipendi della dirigenza dello stesso settore e anche, per esempio, alla concessione di nuove risorse per ore di straordinario prestate nel 2023. Ore che la truppa ha obbligo di tramutare in permessi di lavoro perdendo lo stesso diritto alla remunerazione. Ore che corrispondono a 7/8 ore nette, e almeno il doppio per i dirigenti. Ore che il personale dedica togliendo tempo a sé stessi e alle proprie Famiglie, anche per compensare criticità negli organici, sia numericamente che, magari, anche per un utilizzo delle risorse umane che non analizza correttamente le necessità dei reparti in base alle situazioni sociali delle diverse Comunità nelle quali operiamo.”
“Attenzione, non voglio togliere nulla ai dirigenti, sono dei Lavoratori anche loro e da sindacalista non mi permetterei mai di togliere diritti a nessuno. Ma voglio e sono convinto che tutte le sigle sindacali pretendono—rappresentative e non, militari e/o civili—che la stessa attenzione sia data a chi è tutti i giorni chiamato a difendere e a tutelare i propri Concittadini,” continua Di Stefano. “I nostri dirigenti hanno già sostenuto e vinto la loro lotta di classe e hanno ottenuto enormi benefici come è giusto che sia; credo sia tempo che i Lavoratori del comparto Sicurezza e Difesa prendano coscienza del proprio numero e della propria possibilità di influire i processi che interessano lo stesso, a cominciare dal ridisegnare una legge e i regolamenti che comprimono i nostri Diritti e hanno deluso le aspettative della sentenza del 2018 che aveva certificato la necessità di un vero sindacato per i Militari—anche grazie all’arrivo del Corpo Forestale che ha portato l’idea non più procrastinabile di essere rappresentati sindacalmente.”
“La politica, di tutti i colori, continua a deludere le nostre aspettative e le nostre esigenze, strumentalizzando i nostri sacrifici quotidiani,” conclude il sindacalista del MOSAC Roberto Di Stefano. “Magari il ministro della Difesa e il governo, che si stanno battendo per avere degli investimenti strutturali per la Difesa, oltre a investire il parlamento per rivedere quei decreti penalizzanti per una vera e dignitosa agibilità sindacale, potrebbero destinare in maniera permanente una percentuale di questi stanziamenti a degli aumenti contrattuali automatici, visto anche che qualsiasi discorso degli stati maggiori viene sempre centrato sull’importanza indispensabile del fattore umano. Fattore che corrisponde a persone che vogliono sì, essere qualificate e addestrate in maniera moderna ed efficace, ma che vogliono altresì vedere riconosciuti in maniera proporzionalmente economica i propri sforzi per far progredire le forze di polizia e armate della nostra Italia.”