di MARINA MORETTI
Prima lo vivevamo come un passato fastidioso, un’eredità un po’ cafona che faceva ombra alla nostra voglia di modernità. Poi, a poco a poco, abbiamo imparato che recuperare le proprie radici non è moda vintage, ma necessità interiore.
E’ così che la pastorizia, un tempo sbeffeggiata, oggi è tornata protagonista del territorio e del nostro essere – fieramente – abruzzesi. Se a regalare poesia immortale alle pecore era stato Gabriele D’Annunzio, a comprenderne il potenziale 2.0 ci ha pensato, qualche anno dopo, Nunzio Marcelli, che con l’iniziativa Adotta una pecora ha portato il nome di Anversa degli Abruzzi in tutto il mondo e che oggi, nell’agriturismo la Porta dei Parchi, propone addirittura dei pacchetti-vacanza al seguito dei pastori. Nel bene e nel male, quello che lega l’Abruzzo alle pecore è un rapporto atavico, a tratti suggestivo e a tratti ingombrante, ma comunque importante. A rappresentare questo legame è, da sempre, la Transumanza, ossia la migrazione stagionale delle greggi e dei pastori che si spostano lungo i tratturi. Questa pratica tradizionale, oltre ad incarnare un elemento culturale fortemente identitario, si rivela come attività economica sostenibile, fondata sul rapporto peculiare tra uomo e natura. Ancora oggi la Transumanza viene praticata nel Centro e nel Sud dell’ Italia, dal Lazio all’Abruzzo, dal Molise alla Puglia: Amatrice, Anversa, Pescocostanzo, Frosolone e poi il Gargano. Ma esistono pastori transumanti ancora in attività anche nell’area alpina, in particolare in Lombardia e nella Val Senales, in Alto Adige. Che la Transumanza sia da considerare un bene prezioso da custodire e proteggere lo dimostra anche la recente candidatura a patrimonio immateriale dell’umanità.
La richiesta dell’Italia è stata presentata a Parigi nei giorni scorsi, con la firma del dossier di candidatura è stato formalmente avviato il processo di valutazione internazionale che porterà alla decisione da parte del comitato di governo dell’ Unesco, l’Organizzazione delle nazioni unite per l’educazione, la scienza e la cultura. Il pronunciamento è atteso per il mese di novembre del 2019. Per la nostra regione sarebbe un risultato eccezionale, che andrebbe ad aggiungersi al precedente, e primo, riconoscimento Unesco che ci riguardi: nell’ottobre del 2017 cinque faggete vetuste del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise sono state inserite tra i siti patrimonio dell’umanità, e in particolare tra le “Foreste primordiali dei faggi dei Carpazi e di altre regioni d’ Europa”. Le faggete selezionate nel Parco occupano una superficie complessiva di 937 ettari, ricadenti nei comuni della provincia dell’Aquila. Tornando alla candidatura della Transumanza, va anche detto che si tratta di una richiesta transnazionale, a Parigi infatti è stata presentata dall’Italia, Paese capofila, insieme a Grecia e Austria. La notizia è stata divulgata dal ministero delle Politiche agricole.
“La candidatura della Transumanza come patrimonio immateriale dell’ Unesco – ha commentato la Coldiretti – è un passo importante per salvare i pastori e la biodiversità dei territori, ma va accompagnata da un impegno concreto: in Italia ci sono 60mila allevamenti, spesso concentrati nelle aree più marginali del paese, e circa 7,2 milioni pecore”.
Secondo la Coldiretti occorre garantire un equo compenso al lavoro dei pastori, oggi sempre più minacciato dai bassi prezzi pagati per latte e carne, conseguenza anche delle importazioni estere di qualità mediocre. “Ma bisogna anche salvare le greggi di pecore che stanno subendo una vera e propria strage per gli attacchi dei lupi, con il rischio concreto dell’abbandono e dello spopolamento dei territori. L’agnello – conclude la Coldiretti – è una presenza antica della tradizione gastronomica italiana, come dimostrano anche i piatti della Transumanza tramandati da secoli, dall’agnello cacio e ova all’abbacchio alla scottadito. Bisogna aiutare la sopravvivenza di un mestiere antico e ricco di tradizione, che consente la salvaguardia di razze in via di estinzione a vantaggio della biodiversità del territorio”.
Probabilmente a chi ha fatto una scelta animalista la citazione dell’agnello può risultare fuori luogo, oltre tutto a pochi giorni dalle ridondanti tavole pasquali, ma tutelare la Transumanza è un’altra faccenda, non necessariamente insanguinata.