di MICHELE BRUNETTI
Gira le vie delle città per rapire i nostri figli, è la terrificante ambulanza nera. Un allarme che sconvolse i genitori di mezza Italia sul finire dell’estate 1990. Una banda di spietati sequestratori pronti a rapire bambini per alimentare un macabro commercio di sangue e organi umani.
Nell’ottobre dello stesso anno l’ambulanza nera fece la sua comparsa anche in Abruzzo. Qualcuno mise in giro la voce di un agghiacciante ritrovamento nei pressi del lago di Penne, un bambino morto al quale avevano asportato gli occhi e a distanza di due settimane un episodio simile ambientato a Montesilvano. Segnalazioni anche a Vasto, Chieti, nella Val Fino, in tutta la provincia di Pescara da Villa del Fuoco a Turrivalignani, il panico dilagava. Racconti simili in tanti posti del mondo. La modalità del rapimento, da noi, è ben precisa. L’ambulanza sosta davanti le scuole. Scendono in quattro, due uomini vestiti da infermieri accompagnati da due falsi carabinieri i quali fanno chiamare il bambino, e con la scusa del ricovero urgente in ospedale dei suoi genitori si fanno seguire nel mezzo per poi dileguarsi. Scoppia la psicosi collettiva. La preside di una scuola di Manoppello invitò i genitori degli alunni fuori sede ad accompagnarli fino alla fermata del pulmino, ma questo avviso fu frainteso, madri spaventate e bambini che non volevano più andare a scuola per paura dell’ambulanza nera, la notizia viaggiava rapidamente ovunque, nei mercati, nelle piazze, non si parlava d’altro e le segnalazioni erano continue.
Le forze dell’ordine cercarono di far capire la falsità di queste storie, ma dovettero organizzare servizi di prevenzione costante davanti agli istituti scolastici di tutte le province, un clima molto sofferto anche per i volontari del soccorso, che per mesi furono visti con sospetto mentre arrivavano con le loro ambulanze. I centralini di Polizia, Carabinieri, Vigili urbani, radio, televisioni e giornali furono tempestati per settimane da domande e falsi avvistamenti della misteriosa autovettura. Parallelismi inquietanti con la leggenda anni 70 della Volga nera, l’auto usata nei paesi dell’ex Urss per il rapimento di fanciulli, ritenuti una fonte preziosa di sangue benefico, che sarebbe servito per curare sceicchi arabi e ricchi possidenti occidentali malati di leucemia, gli organi interni venivano espiantati e rivenduti in differenti traffici, altre versioni sostengono che i sequestrati servissero per esperimenti di ricerca scientifico-militare sull’anatomia umana.