di MARINA MORETTI
La contestazione al nuovo decreto foreste proposto dal Governo non poteva che trovare adepti anche in Abruzzo, terra di boschi e di vaste superfici protette.
A fare da cassa di risonanza alle proteste è la Stazione Ornitologica Abruzzese che sottolinea come l’invadenza dell’intervento umano previsto dalla nuova legge rischi di compromettere equilibri verdi preziosi e già fragili. Secondo le associazioni Soa e Ardea, che riuniscono ornitologi di Abruzzo, Campania e altre regioni limitrofe, la normativa, se approvata, non solo aprirebbe la strada ai tagli selvaggi per favorire la filiera delle biomasse, ma consentirebbe anche la distruzione del bosco in cambio di non meglio precisati indennizzi o compensazioni. Ad essere contestata è l’impostazione stessa della legge, ritenuta anti-scientifica e soprattutto viziata dall’idea che il bosco non possa svolgere le proprie funzioni ecologiche senza un pesante intervento umano.
“Se venisse approvata – afferma Augusto De Sanctis di Soa – darebbe il via libera ad un vero e proprio assalto ai boschi italiani, permettendo un uso predatorio del patrimonio arboreo nazionale. La normativa rivisitata mette a repentaglio la qualità ambientale dei nostri boschi per favorire interessi speculativi. Dopo decenni di uso spregiudicato del territorio nazionale, purtroppo manca ancora una visione di riequilibrio ambientale”.
Ad essere venuta meno, secondo i contrari alla proposta governativa che rivisita la gestione del patrimonio boschivo, è an-che una discussione partecipata e condivisa. “E non solo – continua De Sanctis – secondo il Governo un bosco non verrebbe considerato bosco se cresciuto su aree precedentemente coltivate, senza limiti temporali. Per assurdo, si potrebbe arrivare al punto che un’area abbandonata 500 anni fa e ora ricoperta da alberi non venga considerata bosco. Un bosco è un bosco in quanto tale, non per la prospettiva di utilizzo di quel terreno. Intanto ci sono gli alberi e non si può far finta che non vi siano. Basti pensare che in alcune aree collinari abruzzesi i boschi sono passati dal 3% della superficie totale al 15%, con effetti ambientali enormemente positivi”.
Dunque il punto maggiormente contestato è quello relativo alla definizione di ‘terreni abbandonati’ o ‘incolti’ contenuta nella proposta, che di fatto includerebbe anche siti non gestiti da pochi anni. “A nostro avviso – continua De Sanctis – gli interventi dovrebbero essere consentiti esclusivamente per perseguire gli interessi generali e, in particolare, la difesa della biodiversità, la prevenzione dei rischi e la tutela del paesaggio”. Le associazioni sottolineano che la proposta manca di un coordinamento preciso con la pianificazione dei siti di interesse comunitario, che rappresentano il cuore della biodiversità delle aree naturali. Ma la miopia del Governo comprometterebbe anche la funzione sociale ed economica di queste aree, come il turismo rurale e naturalistico. Il tema del decreto di Revisione e Armonizzazione della Normativa Nazionale sulle Foreste è complesso, anche perché deve integrare accordi internazionali e norme comunitarie.
La missione obbligata è perseguire lo sviluppo sostenibile coniugando le esigenze socio-economiche con quelle di conservazione della natura, a difesa del bene comune e per la mitigazione dei cambiamenti climatici. Il nuovo testo, ancora al vaglio del Consiglio dei Ministri, è contestato anche da 250 professori ed esperti, che hanno sottoscritto un appello, e da Italia Nostra, che ritiene di dubbia interpretazione diversi articoli che riguardano la pianificazione e l’uso razionale delle risorse forestali. Secondo l’associazione potrebbe aprirsi un varco a pericolose applicazioni e ad interventi contrari agli accordi internazionali di politica ambientale.