di MARINA MORETTI
Da qualche tempo c’è chi prova a far virare l’economia della sovrabbondanza verso l’economia circolare.
Oggi la chiamano economia circolare, ma dopotutto non è molto diversa da quella che si praticava un tempo nelle famiglie di buon senso. Passare i vestitini del più grandicello al figlio minore o il passeggino alla cuginetta erano gesti naturali e scontati. Ma oggi che tutti vogliono tutto, a cominciare dai bambini, l’usato di qualsiasi tipo, ancorché sicuro come può esserlo un oggetto di famiglia, non basta più. Nella nostra perenne ricerca del top – ultimo modello di smartphone, frullatore tritaffettacuoce, aspirapolvere parlante – siamo andati così oltre da avere perso di vista la realtà della sufficienza.
Da qualche tempo però c’è chi prova a far virare l’economia della sovrabbondanza verso l’economia circolare. Nella prima, detta tecnicamente economia lineare, il profitto è rappresentato dalla differenza fra prezzo dei prodotti sul mercato e costi di produzione (più si vendono i primi e più bassi sono i secondi, meglio è). Il guaio è che il progresso tecnologico rende i prodotti obsoleti in un nanosecondo e contemporaneamente genera nel consumatore il desiderio di acquistarne altri, più nuovi e performanti (che oltretutto sarà difficile e costoso riparare).
Nell’economia circolare invece i prodotti sono parte di un modello di business integrato, focalizzato sulla fornitura di un servizio. La competizione si fonda sul valore aggiunto, non sul valore di vendita dell’oggetto. Il sistema è progettato per autorigenerarsi: i materiali di origine biologica rientrano nella biosfera, quelli di origine tecnica sono pensati per circolare all’interno del flusso, senza perdere qualità. Va in questa direzione la lotta alle politiche dell’usa e getta, diventata sempre più stringente e che impegna le associazioni ambientaliste, le aziende green e i cittadini consapevoli.
Anche L’Unione europea sta compiendo passi decisivi: con i fondi del progetto Orizzonte 2020, la Ue ha previsto degli incentivi specifici per favorire la transizione dall’economia lineare a quella circolare. Nel mirino, tra le altre cose, ci sono l’insensatezza dei rifiuti alimentari, la troppa plastica (il cui riciclaggio per fortuna vede l’Italia virtuosa, con un picco di eccellenza nel 2015), fino a uno dei gradini più alti dello spreco, quella scatola che resta ferma per circa il 90% della sua vita e che pure coccoliamo come un cucciolo e ci rifiutiamo di condividere: l’automobile.
Venendo alle cose di casa nostra, recentemente si è parlato di economia circolare in almeno due occasioni: il riutilizzo delle sabbie provenienti dal dragaggio dei porti e la campagna di educazione alla raccolta differenziata delle pile esauste. A proposito delle sabbie di dragaggio, ha fatto molto discutere il progetto che prevede che quelle provenienti dal porto di Ortona vengano depositate nelle acque di Montesilvano, tra l’altro a poca distanza dall’Area marina protetta Torre del Cerrano.
È proprio in questa occasione così controversa che il direttore dell’Arta Francesco Chiavaroli ha tirato in ballo l’economia circolare: “E’ sbagliato parlare di fanghi, si tratta di sabbie non inquinate né inquinanti, accuratamente analizzate e tipizzate prima del riutilizzo. L’economia circolare è anche questo: perché andare a scavare una cava nell’entroterra, quando sia in edilizia che per il ripascimento delle spiagge possiamo utilizzare sabbie già pronte, tra l’altro evitando di spendere i soldi per lo smaltimento? Lo abbiamo già fatto l’estate scorsa a Casalbordino e ha funzionato”.
A Lanciano invece l’economia circolare è salita letteralmente in cattedra grazie al progetto Una Pila alla Volta, che ha lanciato un contest sulla raccolta differenziata delle pile esauste tra i ragazzi dai 10 ai 14 anni, con in palio buoni acquisto per attrezzature didattiche e sportive. La campagna è patrocinata dal ministero dell’Ambiente e promossa dal Centro di coordinamento nazionale pile e accumulatori. “L’Abruzzo – spiega Luca Tepsich, segretario generale del CDCNPA – è la regione italiana che ha registrato l’incremento maggiore di pile e accumulatori gestiti nel 2016: +64% rispetto al 2015, e i dati del 2017 lo confermano. Purtroppo questa regione è in controtendenza rispetto alla media nazionale, che invece è ancora insufficiente per raggiungere gli obiettivi europei. Per questo abbiamo deciso di puntare sulle giovani generazioni, sempre più consapevoli del valore dell’economia circolare e disponibili a collaborare da protagoniste per il bene del paese”.