Il periodo, quello di Natale, è quello giusto per raccontare una bella storia mentre si sta nel calduccio rassicurante di casa, magari sorseggiando una bella bevanda fumante. E allora oggi vi raccontiamo la storia di Piazza Salotto, la nostra piazza.
Per raccontare la storia di Piazza della Rinascita, più amichevolmente chiamata Piazza Salotto, è in realtà necessario partire da un’altra piazza, quella che oggi conosciamo come Piazza Sacro Cuore. Pescara era ancora di là dal fiume, e l’area di queste due piazze faceva parte di Castellammare, un comune in pieno sviluppo tanto da essere stato scelto come sede di una nuova e grande stazione. Proprio il viale che partiva dallo scalo ferroviario per andare ad adagiarsi sul mare, ospitava la prima vera piazza della città, la piazza dove si teneva il mercato dei prodotti locali e di quelli che arrivavano coi primi treni merci. Oltre al mercato vi sorgeva la chiesa del Sacro Cuore, le prime attività turistiche e commerciali e il primo grande albergo.

La storica Piazza del Mercato
Nel 1863, in due occasioni distinte, la piazza ospitò il principe Umberto e il Re Vittorio Emanuele II, giunto per inaugurare la stazione; da qui la via prese il nome di Corso Umberto e la piazza divenne Piazza Vittorio Emanuele II. Piazza della Rinascita non solo non esisteva, ma non c’era proprio lo spazio fisico che oggi tutti conosciamo. Corso Umberto era stato concepito come uno splendido viale alberato, cinto da palazzi in stile liberty, che giungeva direttamente al lungomare dove, al posto dell’odierna Nave di Cascella, si ergeva un monumento ai Caduti.

Lo spazio di Piazza Salotto prima dei bombardamenti
La nascita della piazza è purtroppo dovuta al fatto che costituisce la più grande ferita di Pescara, i bombardamenti del 1943 di cui vi abbiamo parlato qualche tempo fa. L’area tra Palazzo Muzii e il rimpianto Teatro Pomponi, allora occupata da palazzi piuttosto imponenti, fu completamente spazzata via dalla furia cieca dei raid americani. Pescara si leccò le ferite e, quando trovò la forza di ripartire, si pensò che dalla tragedia poteva nascere un monito ma anche un’occasione: l’area creata dopo la rimozione delle macerie sarebbe diventata una splendida piazza, una piazza degna di una grande città.
Su progetto dell’architetto Luigi Piccinato, nacque nel 1947 quella che prima venne chiamata Piazza della Libertà e poi, ancor più significativamente, Piazza della Rinascita. Lo stile era quello ancora in voga in quel periodo, ovvero il razionalismo del Movimento Moderno, peraltro affatto mitigato dalle ancor presenti influenze dell’estetica fascista. Ed ecco così sorgere dei moderni palazzi dotati di portici dove passeggiare, o dove fermarsi per sorseggiare un caffè seduti a uno dei tavolini dei numerosi bar, o ancora a rimirare le ricche vetrine degli anni del boom. La piazza certo non ha mai brillato per grazia, i palazzi moderni non potevano certo vantare il calore che deriva dalla storia, sebbene il palazzo Arlecchino, con la sua facciata razionale ma spezzata dai vistosi colori che gli danno il nome, risulti particolare e interessante. Eppure divenne il luogo per eccellenza della vita in città, delle passeggiate del fine settimana, il cosiddetto struscio, delle esibizioni dei personaggi caratteristici che ogni città annovera; citiamo solo, per capirci, la vecchia Ines e Enzo la Vipera.

Lo stile razionale della piazza
Inizialmente la piazza era divisa in due dal proseguimento di Corso Umberto che, separato da eleganti spartitraffico fiorati, non aveva perso il suo ruolo di via che portava al mare; la piazza vera e propria, sul lato nord, era adorna di fiori, palme e giardinetti curati in modo maniacale, che davano un’immagine poetica e decadente al tutto, e a cui i pescaresi sono ancora oggi piuttosto affezionati.
Sul palazzo del lato mare era stata posta un’enorme struttura pubblicitaria, possiamo ammirarla nelle vecchie foto cambiare aspetto come in un timelapse, prima l’effige della Motta, poi i cartelloni che pubblicizzavano la nuova Fiat di turno, infine il moderno orologio digitale con termometro e la pubblicità della Banca Caripe.
La piazza, al di là di piccoli aggiustamenti alle aiuole e ai giardinetti, giunse pressoché immutata al traguardo degli anni ’80, gli anni dell’edonismo e dell’apparenza che, diciamolo, ben si sposavano con l’immagine moderna, fiorita e un po’ civettuola della piazza. Quello che invece era cambiato, fin dagli anni ’70, era il nome con cui i pescaresi avevano iniziato a chiamare affettuosamente il luogo; la definizione di “salotto” fu coniata da un giornalista locale in quegli anni, e sarebbe interessante risalire al suo nome, facendo suo l’appellativo con cui tanti anni prima ci si riferiva a piazza Garibaldi, versante Portanuova, allora il salotto buono della Pescara, per dirla con D’Annunzio. Il nome piacque talmente che in poco tempo prese il posto di quello ufficiale, tanto che se provate a cercare su Google o TripAdvisor troverete molto più facilmente Piazza Salotto.
Siamo arrivati quasi ai giorni nostri, alla trasformazione della piazza. La città si evolve e si sente il bisogno di creare un’area pedonale nel tratto percorribile della piazza che, all’inizio, rimane simile tranne che per il traffico interdetto. Solo nel 2006 vede la luce la nuova Piazza Salotto, ed è una versione che non ha mai scaldato il cuore dei pescaresi. La piazza è imponente, molte città più importanti per estensione e numero di abitanti non possono vantare uno spazio così grande e vivibile, adatto a ospitare concerti e grandi eventi, ma il restyling l’ha forse resa un po’ troppo fredda, poco ospitale; o forse è sempre difficile combattere contro i ricordi, e i nuovi progetti potranno essere apprezzati appieno solo dalle generazioni future. Alcuni spazi verdi rimangono, come le palme, ma non c’è dubbio che il colpo d’occhio venga rapito dal tanto cemento e dalle panchine moderne ma non proprio comodissime. Ma forse l’errore vero e proprio fu il famigerato “Calice” di Toyo Ito, una vicenda tuttora insoluta che grida vendetta.

Il Calice della discordia
Toyo Ito è uno dei più grandi architetti contemporanei, su questo non ci piove, e le sue opere sono ospitate da musei e luoghi celebri in tutto il mondo. La scelta era di grande prestigio e l’opera, al di là della fine ingloriosa (il calice si spaccò poco dopo l’inaugurazione, a causa di un violento shock termico), sicuramente mirabile; quello di cui forse non si era tenuto conto era la sensibilità dei pescaresi, sottovalutando l’accoglienza non proprio trionfale che anni prima era stata riservata alla “Porta sul mare”, opera moderna e concettuale del nostro Franco Summa, temporaneamente posta di fronte alla Nave di Cascella negli anni novanta. La nostra città, al di là dell’indubbia modernità, ha sempre mal digerito l’arte troppo contemporanea e concettuale, e così il malcapitato Calice divenne oggetto di scherno, tanto che la prematura dipartita gli ha forse evitato di rimanere come presenza scomoda, osteggiata dai passanti e presa in ostaggio per sterili polemiche politiche. Molto più gradita, da sempre, la presenza silente dell’elefante di Vicentino Michetti, tradizionale teatro di appuntamenti e amori adolescenziali dei nostri concittadini.

La piazza ai tempi del Natale in una foto di Ascanio Buccella
Siamo a oggi.
Visitate in queste ore Piazza Salotto; al di là di polemiche e amarcord, adornata dalle luci d’artista, gremita di lavoratori indaffarati, aspiranti fashion blogger e disperati in cerca di regali dell’ultim’ora, la piazza sarà lì ad accogliervi, diversa ma sempre uguale a sé stessa, teatro di storie sconosciute, tutte differenti e simili a un tempo.
Le storie di tutti noi pescaresi.