Pier Paolo Pasolini e l’Abruzzo

Pier Paolo Pasolini

Quarant’anni senza. Sen­­za lo scrittore, il poeta, lo sceneggiatore, il regista, il giornalista, il drammaturgo, il pensatore. Qua­rant’anni senza lo scandaloso e scomodo Pier Paolo Pasolini, bastonato a morte il 2 no­vembre del 1975 sul­la spiaggia dell’idroscalo di Ostia.

Molti anni prima, il suo ge­nio aveva percorso altri lidi salmastri, altre spiagge, anche la costa pescarese. E’ l’estate del 1959, la lunga strada di sabbia porta Paso­lini sulle rive dell’Italia post-dopoguerra, al volante di una millecento percorre il lun­go ricamo che adorna i bor­di della Penisola. Attraversa l’Abruzzo, guarda il mare e la nostra gente, ne coglie l’essenza respirando salsedine con lo stesso broncio forte e gentile che ci caratterizza.

Sug­gestioni, fasti e miserie di quel lungo viaggio in Italia esplosero nel reportage pub­blicato sulla rivista Successo, diretta da Arturo Tofanelli. La lun­ga strada di sabbia era giornalismo fatto di parole, Pasolini raccontava il pae­se senza urla e sensazionalismi, sussurrando verità tra le righe – a volte anche dure, lucide, urticanti. Come nel caso della Calabria e di una fra­se che, estrapolata dal contesto, suonò offensiva alle orecchie di chi, del “paese dei banditi” era il primo cittadino.

Il paesino calabro di Cutro effettivamente non ne usciva benissimo: “Appena partito da Reggio – città estremamente drammatica e originale, di una angosciosa povertà, dove sui camion che passano per le lunghe vie parallele al mare si vede scritto ‘Dio aiutaci’ – mi stupiva la dolcezza, la mitezza, il nitore dei paesi sulla costa. Così fino a Porto Salvo. Poi si en­tra in un mondo che non è più riconoscibile. Vado ver­so Croto­ne, per la zona di Cutro… Lo vedo correndo in macchina: ma è il luogo che più mi impressiona di tutto il lungo viaggio. È, veramente, il paese dei banditi come si vede in certi film western. Ecco le donne dei banditi, ecco i figli dei banditi. Si sente, non so da cosa, che siamo fuori dalla legge, dal­la cultura del no­stro mondo, a un altro livello”.

Le reazioni ad articoli di tal fatta furono così inviperite che Pasolini venne an­che querelato. Lui rispose indirettamente, dalle pagine di Paese sera: “A Cutro, sia ben chiaro, prima di ogni ulteriore considerazione, il quaranta per cento della popolazione è stata privata del diritto di voto perché condannata per furto per aver fatto legna nella tenuta del barone. Ora vorrei sapere che cos’ altro è questa povera gente se non ‘bandita’ dalla so­cietà italiana, che è dalla parte del barone e dei servi politici? E appunto per questo che non si può non amarla, non essere tutti dalla sua parte, non avversare con tutta la forza del cuo­re e della ragione chi vuo­le perpetuare questo sta­to di cose, ignorandole, mettendole a tacere, mistificandole”.

All’Abruzzo comunque andò molto meglio: nei suoi appunti di viaggio Pasolini scriveva: “Che cos’è che se­gna il passaggio dal Sud al Nord? Sì, c’è una lunga sfumatura intermedia, gli alti Abruzzi e le Marche: eppure certi mutamenti so­no repen­tini. Com­pa­iono ad un tratto le biciclette, le in­se­gne del metano, ma so­prat­tutto com­paiono le belle donne. Non voglio insinuare che nel Sud non ci siano belle donne: io, com­unque, in centinaia e centinaia di chilometri di litorale non ne ho viste. Ho visto delle femminucce nere ed ineleganti, delle adolescenti gelatinose. Improvvi­sa­mente, ecco le belle don­ne, già a Pescara, e a San Be­nedetto, a Falcona­ra, a Se­nigallia… Pescara è splendida. Credo sia l’unico ca­so di città, di vera e propria città, che esista totalmente in quanto città balneare. I pescaresi ne sono fieri. Giungo all’ora del tramonto, della grande, frenetica passeggiata prima di ce­na. Chiedo a un uomo an­zia­no dov’è un albergo. Lui si fa in quattro, vuol sa­lire sulla macchina, col fi­glio, per accompagnarmi. Mi di­ce subito: “Eh anche lei co­me tutti, vedrà! Quan­do uno viene una volta sulla spiaggia di Pescara, ci ritorna! Ecco, vede, a­desso va fino in fondo a questa strada. Pri­­ma della rotonda c’è un’aiuola, dove è segnata con fiori la data di oggi”. E’ commosso, di fronte a tanta grazia, a tanto lusso. Sì, in­fatti, ecco lì dei fiori rossi e viola a segnare la data di og­gi, uno dei grandi giorni dell’estate, della città… Il lungomare è un fiume di gen­te, elegante, bella, ab­bron­zata, massiccia”.

Oggi l’aiuola calendario non c’è più, il mare… lasciamo sta­re, lusso e grazia non sembrano reperibili e forse vi­viamo di ricordi, come questo firmato Pasolini. Potreb­be anche bastare.

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