Allarme Fipe: chiudono troppi ristoranti

quintero

In tempo di crisi anche i ristoratori piangono e in tanti costretti a chiudere. E’ quanto denuncia la Fipe-Confcommercio nell’analisi nazionale dei dati di nascita-mortalità dei ristoranti, “settore storicamente trainante della nostra economia” fa sapere l’organizzazione dei pubblici esercizi, della quale fanno parte anche bar e pub e, con proprie sottosigle, anche discoteche e night (Silb) e balneatori (Sib). Nella sua analisi la Fipe evidenzia che da ormai tre anni il saldo fra aperture e chiusure è negativo e il trend appare in costante crescita: -4057 nel 2009, -5.474 nel 2010, -8.857 nel 2011. Nel primo semestre 2012 siamo già a -4.473.

Pure in Abruzzo si registra l’ennesimo saldo negativo nel primo semestre 2012 con 227 nuove aziende a cui si contrappongono però ben 426 imprese cessate (-199). La provincia di Pescara è a -36: 47 nuove aperture e 83 chiusure di ristoranti. A L’Aquila -24, Teramo -77 e Chieti -62. Se la ristorazione è trainante nell’economia italiana lo è ancor di più in Abruzzo, regione al primo posto in Italia per spesa pro-capite nel mangiare fuori casa, seguita da Campania. Ultime Friuli, Val d’Aosta e Trentino. Quindi, una questione di tradizione e cultura più che di reddito. “Le statistiche non fanno altro che confermare quello sappiamo da tempo e che stiamo scontando sulla nostra pelle”, spiega Roberto Chiavaroli (ristorante Brigantino di Pescara), presidente dei ristoratori Fipe-Pescara. “Purtroppo, la crisi economica ha ulteriormente aggravato una situazione che già da anni non era rosea a causa dei sempre crescenti costi indotti dalla necessità di adeguarsi ai nuovi obblighi normativi in termini di sicurezza e personale e dall’aumento delle materie prime. I margini di redditività sono sempre più stretti in quanto a fronte dei maggiori costi non abbiamo potuto alzare i prezzi proprio a causa della forte crisi che ha ridotto la capacità di spesa della clientela. Inoltre, l’effetto congiunto della liberalizzazione delle licenze e dell’aumento della disoccupazione ha portato tanti avventori a tentare di buttarsi nel mondo della ristorazione senza una conoscenza adeguata del settore e delle difficoltà ad esso legate. Ciò ha creato una concorrenza al ribasso che si riflette nel forte turn-over che caratterizza il mondo della ristorazione con aziende che aprono e chiudono nel giro di sei mesi”.

Aprire un ristorante, ma più semplicemente un bar o pub, è, dunque, la prima cosa che viene in mente ai giovani che non trovano o perdono il lavoro. Improvvisarsi nella ristorazione è anche attività che piace a imprenditori annoiati dalle principali attività: per esempio, stufi di vendere bulloni da una vita, decidono di aprire un ristorante pensando di soddisfare in questo settore la carenza di relazioni umane intense che regna nello loro vita e azienda, pur se redditizia. Nella ristorazione e più in generale nell’intrattenimento del pubblico durante il tempo libero, oltre che all’arrosto si deve saper vendere anche il fumo, proprio perché la concorrenza è tanta, soprattutto in città come Pescara, dove i locali sono troppi e fanno un po’ tutti le stesse cose. Non basta, dunque, aprire l’attività in centro o nella zona alla moda. Anzi, chi sceglie zone tipo Pescara vecchia deve fare uno sforzo in più rispetto a ristoranti attivi in zone a densità normale. A fare concorrenza ai ristoranti ci si sono messi pure i bar e i pub che offrono piatti caldi e freddi a pranzo e i cosiddetti aperitivi cenati di sera, dove con 5 euro bevi e soprattutto mangi a buffet fino a sazietà. Nelle ristorazione, poi, bisogna partire col piede giusto, non ubriacarsi col successo iniziale dovuto alla novità e avere pazienza a consolidare la propria clientela. La qualità degli ingredienti e la bravura dello chef sono d’obbligo ma basta il più piccolo errore o incidente per perdere il cliente che poi fuori fa anche cattiva pubblicità al locale dove è stato, a suo dire, trattato male o per via del cibo, del servizio o del conto.

Il passaparola, in questo settore, viaggia anche ingiustamente alla velocità del suono. In Italia e soprattutto nel nostro Abruzzo si mangia bene e a prezzi contenuti nella gran parte dei ristoranti ma ci sono sempre le attività che trattano male i clienti, soprattutto i turisti stranieri. I ristoranti che funzionano bene sono quelli piccoli e a conduzione tutta familiare. Quando l’attività viene improvvisata con tutto personale esterno il rischio d’insuccesso a alto, perché all’ impreparazione del titolare bisogna aggiungere la cattiva selezione dei camerieri, scelti perlopiù fra gli extracomunitari. La qualità del servizio, oltre che dei piatti, può essere garantita solo da personale preparato dalle scuole alberghiere ma per risparmiare sugli alti costi del lavoro, i ristoratori, più che in altri settori, preferiscono (sbagliando) assumere giovani improvvisati che non sanno nemmeno dove sta di casa il galateo e il bon-ton (come i loro datori di lavoro). All’estero la qualità del servizio è superiore.

Illuminante è la testimonianza di Gianfranco Agostinone, imprenditore dell’entertainment in Venezuela e Colombia originario di Pescara, dove torna tutti gli anni: “In Venezuela ti attendono all’ingresso: Benvenuto signor Agostinone, la stavamo aspettando e ti accompagnano al tavolo. Ti fanno capire di essere felici di averti come cliente, perché sei portatore di denaro vitale per l’attività. A Pescara (e in Italia) devi invece tu ringraziare di averti fatto mangiare (o dormire, negli hotel). C’è una mancanza generale di classe e professionalità condita col provincialismo”.

Nella foto: Gianfranco Agostinone e il calciatore del Pescara Quintero

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