di EDDA MIGLIORI
Lo sguardo fiero e determinato di chi ha ben chiaro il suo obiettivo e la pelle quasi bruciata dal sole, queste le primissime cose che mi hanno colpito di Antonio Perrellis, il ragazzo partito a piedi da Torino e diretto ad Acri in Calabria.
Una marcia intrapresa in solitaria, iniziata lo scorso 1° settembre e che lo ha visto arrivare ieri per una tappa a Pineto.
Lo abbiamo incontrato per scoprire di più sulla sua avventura, in un caffè del centro gestito dal suo amico d’infanzia Vincenzo Dolce, che lo ha ospitato per la tappa pinetese.
Antonio, cosa ti ha spinto ad intraprendere questo cammino?
È nato tutto dalla voglia di affrontare un percorso che non fosse solo metaforico, ma reale: fatto di strada, sacrificio, sudore, soddisfazione e gioia. Inizialmente avevo pensato di fare il Cammino di Santiago, poi ho ritenuto più giusto per me, in quel momento, fare qualcosa di mio, che mi appartenesse in modo più profondo.
E come mai un percorso così lungo, di oltre mille chilometri?
Ho pensato di intraprendere questo viaggio che partisse da Torino che è la città in cui vivo, per arrivare ad Acri che è la mia città di origine: 1.176 sono i km che dividono questi due luoghi.
Come ti sei preparato per affrontare una sfida così dura?
C’è stata una preparazione su due livelli: una prima sulla carta con uno studio meticoloso del percorso, una seconda con delle sezioni di allenamento con lunghe camminate per preparare la parte fisica.
Oltre all’evidente stanchezza dettata da 19 giorni di marcia, come stai vivendo questa esperienza?
La sto vivendo in modo molto intimo, indosso sempre una maglietta o una bandana con stampate le mani dei miei bambini. Ogni giorno provo mille emozioni: dalla solitudine alla gioia, dallo sconforto alla grinta, dal pianto alla meraviglia e allo stupore provati, ad esempio, nel vedere per la prima volta una campo di risaie brillare al sole.
La tua impresa non è solo un percorso personale, ma la stai dedicando a tre cause molto importanti. Di cosa si tratta e come le hai scelte?
Si, volevo che tutti i miei passi non lasciassero un segno tangibile solo nella mia vita, ma che potessero dare un contributo anche ad altri. Volevo fare qualcosa, dare il mio apporto e lanciare un messaggio di solidarietà e invito al reciproco aiuto. Ho scelto tre realtà a cui tengo, alcune anche su suggerimento dei miei colleghi. Le ho visitate tutte e tre per toccare con mano e conoscerle meglio. Si tratta della Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro di Candiolo, Fondazione Crescere Insieme all’Ospedale Sant’Anna-Reparto di Neonatologia e Associazione Piccoli Aviatori dei Falchi di Daffi-Torino.
Hai già percorso circa 700 km, cosa ti aspetti ancora?
Ogni tappa è stata unica ed irripetibile. Alcune sono state massacranti, con punte anche di 57 o 60 km al giorno, altre più leggere, ma tutte ugualmente intense ed emotivamente forti. Ho rivisto tanti amici calabresi che mi hanno ospitato, proprio come è accaduto qui a Pineto con Vincenzo, ho conosciuto anche tante persone. Ricordo tutti e tutto con grande lucidità. Non mi aspettavo un calore così grande e un’attenzione così alta. La cosa mi onora. L’altro giorno un bambino mi ha aspettato all’arrivo con un suo disegno, è stato un momento molto emozionante.
Concretamente come si può contribuire alla tua causa?
Con un bonifico bancario direttamente ai rispettivi IBAN delle tre associazioni, oppure aderendo ad alcune iniziative promosse dai titolari di alcuni locali. Qui a Pineto, ad esempio, Vincenzo e sua moglie Joseana hanno deciso che a partire da oggi e, fino alla fine della mia avventura, devolveranno un euro per ciascun aperitivo consumato dai clienti.
Ad Antonio auguriamo “Buona Strada” sperando che questa esperienza gli regali ancora tante emozioni e soddisfazioni.