Marcinelle: l’otto agosto del ’56 l’inferno

La tragedia di Marcinelle: i soccorsiLa tragedia di Marcinelle: i soccorsi

L’otto agosto, a cosa vi fa pensare questa data? Gli ultimi giorni prima delle agognate ferie, le code in autostrada, il caldo umido di questi giorni, un tuffo in mare? Tutte risposte esatte, certo, eppure se a questa data aggiungessimo “1956” avremmo messo insieme una delle date più nere per l’Europa, e per l’Abruzzo in particolare. Nera come il carbone, il carbone che veniva estratto a Marcinelle.

Questa è la storia di Marcinelle, la storia della più grande tragedia mineraria d’Europa.

Per iniziare, occorre capire il contesto dell’epoca. All’indomani della fine della tragica Seconda Guerra Mondiale, il Belgio, pur non avendo riportato grossi danni a livello industriale, si trova a corto di manodopera e, attraverso accordi col governo italiano, alimenta un vasto flusso migratorio.

Nel 1956 in Belgio il settore minerario dava lavoro a 142.000 minatori, di questi 63.000 erano stranieri e ben 44.000 italiani. I nostri compatrioti, attirati da manifesti pubblicitari rosa, affissi in tutto il paese, che prospettavano ottimi salari a fronte di condizioni di lavoro umane, emigrarono in gran numero soprattutto dalle regioni più povere e va da sé che l’Abruzzo fosse in prima linea.

Purtroppo la situazione non era così rosea, le condizioni di lavoro erano spesso infernali, non tanto perché, come si scrive spesso, la miniera di carbone Bois Du Cazier di Marcinelle fosse particolarmente indietro come sistemi di sicurezza e manutenzione, ma piuttosto perché quelle erano le normali condizioni all’epoca. Assenza di maschere d’ossigeno, porte stagne e strutture in legno, turni di lavoro massacranti e nessun accenno alla silicosi, patologia quantomai probabile a causa della polvere di carbone che si accumulava nei polmoni.

Quel che accadde l’otto luglio di quel funesto 1956 non fu mai acclarato in modo univoco, soprattutto perché quasi tutti gli attori della vicenda perirono nell’incidente; fatto sta che, probabilmente per una serie di piccoli errori umani nelle delicate procedure, un montacarichi che riportava in superficie i vagoncini carichi di carbone urtò una putrella che a sua volta tranciò dei cavi sia elettrici, sia di conduttore d’olio ad alta pressione. Un incendio si sviluppa immediatamente i minatori che sono ai livelli più bassi non hanno speranza: fumo, assenza di vie di fuga e di maschere d’ossigeno. La tragedia è inevitabile.

Dopo un comprensibile stupore, la macchina dei soccorsi si mette in moto in modo sorprendentemente efficiente per l’epoca; Croce Rossa, pompieri, esercito, polizia, protezione civile e semplici cittadini, tutti danno una mano, ma non c’è nulla da fare. Si scava per giorni, ma è possibile solo riportare alla luce cadaveri.

I morti sono 262, di cui 136 italiani. E di questi, una sessantina sono abruzzesi.

La maggior parte viene da paesini che fanno da corona alla Maiella, Lettomanoppello, Turrivalignani, Farindola, ma il paese più colpito dalla tragedia è Manoppello.

Tutti venivano da realtà rurali e poverissime, costretti a fuggire  per cercare di garantire un pezzo di pane alle famiglie rimaste, un futuro aperto alla speranza di una vita migliore.

La loro tragedia non va dimenticata neanche per un attimo, perché non sia stata vana; e, se da una parte non è stato così, visto che da allora le condizioni di lavoro nelle miniere furono molto migliorate, al punto che molte vennero chiuse – Bois Du Cazier è oggi un sito Unesco – dall’altra i fatti di questi giorni, specialmente la strage dei lavoratori immigrati di Foggia accaduta l’altro ieri, dimostrano che di lavoro e di immigrazione ancora oggi si muore.

Marcinelle oggi è un sito protetto da Unesco

Marcinelle oggi è un sito protetto da Unesco

Dobbiamo ricordare Marcinelle, non per pronunciare belle parole e apporre corone di fiori.

Dobbiamo ricordare Marcinelle affinché non ci siano mai più altre Marcinelle.

Il monumento agli italiani morti a Marcinelle

Il monumento agli italiani morti a Marcinelle

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