di MARINA MORETTI
Sono tanti, eppure sembrano non bastare i no al gasdotto Snam Sulmona-Foligno. Sindaci, cittadini, associazioni ambientaliste e Regione Abruzzo li hanno scanditi in più occasioni, ma l’iter non si è fermato.
Con il risultato che quelli che dovrebbero essere i padroni di casa, gli abruzzesi, vengono esautorati dalla decisione e costretti a ospitare, tra parchi nazionali e riserve naturali, un progetto controverso sotto vari aspetti. A nulla è servita la recente conferenza istruttoria di Roma, convocata il 4 aprile dalla Presidenza del Consiglio per acquisire i pareri dei territori interessati.
Il Sulmona-Foligno rientra nel progetto di costruzione del gasdotto Rete Adriatica, 687 km dalla Puglia all’Emilia, proposto nel 2004 dalla Snam per potenziare il trasporto del metano. La centrale di compressione e spinta dovrebbe essere realizzata a Sulmona, in una zona sismica di primo grado, a ridosso della faglia del monte Morrone. Ad essere contestata non è solo l’opera in sé, ma anche il comportamento del Governo che, pur dimissionario, continua ad agire come se il progetto fosse un’incombenza urgente di cui l’esecutivo scaduto debba occuparsi.
Intanto i Comuni continuano a sgolarsi per ribadire il proprio no, lo hanno fatto anche a Roma: “E lo ripeteremo anche nelle successive istruttorie – conferma il sindaco di Pratola Peligna Antonella Di Nino – Ancora una volta registriamo con rammarico una netta chiusura dei ministeri coinvolti, che rimangono fermi sulle posizioni assunte e non comprendono quelle dei sindaci che rappresentano le comunità”.
Sulla stessa linea anche il sindaco di Sulmona, Annamaria Casini: “Ho evidenziato le criticità del progetto Snam e le ragioni del no di un vasto territorio montano a rischio sismico”. L’incontro romano, secondo i tecnici ministeriali, doveva servire a “capire i margini di superamento del dissenso”, tuttavia l’impressione che si stia cercando di imprimere un’accelerazione al progetto è palpabile e diffusa. “Ma noi non molliamo” avvertono i sindaci, convinti di rappresentare un intero territorio che non vuole né la centrale di compressione a Case Pente di Sulmona, già autorizzata in via definitiva dal ministero dello Sviluppo economico, né il metanodotto, ancora in fase istruttoria.
“Il gasdotto – ha spiegato Fernando Galletti, presidente degli usi civici di Paganica – attraverserà gli epicentri dei terremoti degli ultimi 10 anni, devastando il territorio e diventando una bomba a orologeria in caso di sisma”. Alla conferenza di Roma, la prima delle tre previste, è andato anche il sottosegretario regionale Mario Mazzocca il quale, nel ribadire la ferma intenzione di formalizzare la diffida al Governo dimissionario, aggiunge: “C’è anche il tema della Vas (Valutazione ambientale strategica): fin dal 2011 abbiamo evidenziato che per noi è una grave manchevolezza, ma si continua a sostenere l’insussistenza di quest’obbligo”.
Il secondo incontro romano sarà fissato quando la Snam avrà inviato a Regione, Provincia e Comuni gli studi di aggiornati sul rischio sismico, che dovranno tenere conto delle norme introdotte dopo il terremoto del 2009. Nel frattempo la battaglia continua sul territorio: la Valle Peligna e l’aquilano, attraversato dal gasdotto per 20 km, si mobilitano con assemblee No Snam. Contro la centrale e il metanodotto, e in generale contro i progetti che perpetuano la produzione di energia da materia fossile, si schiera il coordinamento No Hub del Gas Abruzzo che riunisce comitati, movimenti e cittadini. Dopo la Pasquetta No Snam a Sulmona, fino al 15 aprile il Coordinamento sarà impegnato nella carovana No Hub del Gas: seminari, biciclettate, visite guidate e incontri con gli esperti in varie località, per coinvolgere tutti nella grande manifestazione prevista a Sulmona il 21 aprile, alla quale ha aderito anche il Movimento 5 Stelle.
Convinte che la questione vada affrontata dal Governo che verrà sono anche Legambiente e Wwf che annunciano il proprio ricorso al Tar. Per tutti, le ragioni del no sono tante: dai rischi idrogeologici e sismici, ai possibili danni ambientali e sanitari (il contesto orografico non consentirebbe la dispersione degli inquinanti, che ristagnerebbero accumulandosi). Per gli oppositori si tratta piuttosto di un’operazione prettamente commerciale, che punta a rivendere il gas ma che non porta benefici ai territori.
“A loro i vantaggi – chiosa Augusto De Sanctis, del coordinamento No Hub – a noi solo rischi, danni e costi”.