Tito Acerbo: la storia del prestigioso edificio

Il Tito Acerbo ai tempi del ConvittoIl Tito Acerbo ai tempi del Convitto

Questa settimana la nostra rubrica sulla storia della nostra città vi porta a ripercorrere le vicende di un edificio che tutti avrete ammirato tante volte: il Tito Acerbo.

La sua storia ha radici lontane, nel 1880, e per iniziare dobbiamo rispolverare una parola caduta ormai quasi del tutto in disuso, il convitto. La sontuosa costruzione che ospita oggi l’istituto tecnico fu infatti concepito come convitto per la villeggiatura, succursale del Convitto Nazionale di Chieti.

Ma cos’è un convitto? “Un istituto per l’istruzione dove gli allievi conducono vita comune”, questa è la definizione se ci affidiamo all’onnisciente Wikipedia; un’istituzione simile ai collegi, meno collegata rispetto a questi ultimi a ordini religiosi. I convitti italiani nacquero soprattutto in età napoleonica, con la secolarizzazione di molti edifici religiosi e, anche se in Italia ebbero meno fortuna rispetto ad altri paesi europei, in Abruzzo ne abbiamo esempi sia a Chieti che a L’Aquila.

La costruzione fu terminata nel 1883 e si presentava all’allora Castellammare in tutta la sua imponenza dall’aspetto quasi austero. Per calarci nell’epoca dobbiamo immaginare un’altra Pescara, a partire dal nome, essendo ben lontana l’unificazione dei due comuni e la creazione della nuova provincia. Le strade erano poche, larghe e polverose, e popolate da poche carrozze; il tracciato ferroviario sfruttava ancora il percorso alternativo che costeggiava l’attuale viale Bovio. La curva della stazione che anni dopo vedrà le evoluzioni della Coppa Acerbo offriva una vista del convitto spettacolare: il lungo viale conduceva alla scalinata che, circondata dal verde, portava all’ingresso del fabbricato.

Il passaggio della Coppa Acerbo

Il passaggio della Coppa Acerbo

Fa sorridere ripensare a tempi tanto diversi, quando le scuole erano ancora rigidamente separate per i due sessi, tanto che vi erano convitti esclusivamente femminili che avevano la “finalità di avviare le giovanette ad assolvere, secondo i dettami della religione e con devozione alla patria, i compiti propri della donna nella famiglia e nella società”, come recitava l’articolo 32 del regolamento. Tanto per capire che i “bei tempi andati” magari non sempre erano così belli.

Il convitto rimase attivo fino al 1923, quando, anche in seguito alla riforma Gentile, il Comune di Castellammare decise di farvi nascere l’istituto tecnico per ragionieri e geometri. In realtà i corsi da geometra, per una serie di infiniti inghippi burocratici, che c’erano anche allora, videro la luce solo nel 1935, mentre nell’anno dell’inaugurazione le classi erano così divise: le prime tre classi inferiori avevano 36 iscritti a testa, la quarta 31, mentre le tre classi superiori arrivavano a malapena a dieci allievi.

I primi anni furono difficili. Nonostante l’indubbio prestigio della struttura, i fondi erano ridotti, alcune aule fatiscenti e i mezzi didattici erano piuttosto scarsi. La creazione pochi anni dopo della nuova provincia di Pescara diede nuovo slancio, sull’onda dell’entusiasmo e della volontà di dare lustro all’allora unico istituto tecnico nazionale della città.

Dal 1922 al 1944 la segreteria fu retta dal Dott. Gennaro Partenza, figura che ha assunto contorni quasi leggendari per la sua abnegazione, soprattutto in occasione dei violenti bombardamenti del 1943, quando sotto le sue direttive si riuscirono a salvare tutti i documenti contenuti nell’archivio, a rischio della vita.

Durante il periodo del secondo conflitto mondiale, l’istituto fu infatti adibito a scuola per gli allievi aeronautici, e fu pesantemente colpito dai bombardamenti, con la morte di circa 50 militari.

L’istituto fu fin dall’inizio intitolato a Tito Acerbo, nobile di Loreto Aprutino, perito nel 1918 a Croce di Piave, durante la Grande Guerra, dopo alcuni atti di eroismo che gli valsero la Medaglia d’Oro.

Gli anni del dopoguerra videro l’incessante crescita del numero degli alunni e la nascita di numerose succursali. Ancora oggi il Tito Acerbo, pur tra periodi più o meno bui e rinascite, è uno degli istituti più prestigiosi della città, anche se il sottopassaggio della nuova ferrovia ne ha irrimediabilmente deturpato la stupenda vista che se ne poteva godere arrivando dal lato mare, e anche se la gloriosa scalinata non c’è più, ricordata da qualche anno con un murales dipinto con generosità ma che certo non ha lo stesso effetto.

Continua così la tradizione di una costruzione che ha attraversato l’epoca di Giolitti, due guerre mondiali, la terribile dittatura fascista, le contestazioni del ’68 e le sfide del nuovo millennio, ospitando come istituto tecnico allievi illustri come Ennio Flaiano, Federico Caffè e Andrea Cascella.

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