Un’Ape che ronza da 70 anni

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Nelle valli del Pie­monte la chiamano biròcc, in Sicilia è co­nosciuta come la la­pa, in Campania si usa definirla o trerròte, per tutti è semplicemente l’Ape, un mezzo che in 70 anni è stato sempre ca­pace di evolversi pur re­stando fedele a se stesso.

A immaginare che la Vespa potesse trasformarsi in una sorta di furgoncino è stato proprio il papà della celebre due ruo­te motorizzata, Corra­dino D’Ascanio, un genio tutto abruzzese.

L’in­gegnere popolese evidentemente capì prima di tutti che ag­giungendo al motore della Ve­spa un piccolo cassone si sarebbe in­nescata una vera e propria ri­voluzione nel trasporto di cose e persone. Il settantesi­mo comple­anno dell’ Ape è stato ricordato da tante te­state giornalistiche regionali e na­zionali, ma la vera festa sta nel ve­dere come questo veicolo sia ancora al passo con i tempi, così ver­satile da di­ventare boutique, ge­lateria, bi­bliote­ca o minibus rigorosamente itineranti. L’Ape è nata nel 1948, due an­ni dopo la Vespa.

La sua storia è la Storia dell’I­talia del dopoguerra, quando le possibilità economiche erano ri­dotte, ma la voglia di reinventarsi un futuro era gigante. Oggi l’Ape, utilizzata in tutto il mondo, è prodotta sia in Italia, a Pontedera, che in In­dia, nello stabilimento Piaggio di Bara­mati. Da alcuni anni il mez­zo sta fa­vorendo lo sviluppo di una micro rete im­prenditoriale di negozi ambulanti, dal­lo street food al trasporto di persone.

D’Asca­nio era sufficientemente visionario da capire le potenzialità enormi della sua in­venzione, tuttavia for­se nemmeno lui ave­va immaginato l’in­finita capacità di trasformismo della sua operosissima Ape.

 

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