Storia di grandi pescaresi, Luigi Di Benedetto si racconta

Luigi Di BenedettoLuigi Di Benedetto

di MICHELE BRUNETTI

Gli eroi sono persone che per eccezionali virtù di co­raggio s’impongono all’ammirazione di tutti, fino a di­ventare esempi per la collettività. Il pescarese Luigi Di Be­nedetto (nella foto), ex Is­pet­tore Capo della Polizia, è uno di questi.

La sua storia inizia nel 1964 arruolandosi nella forza pubblica, il suo sogno fin da bambino. Dal ’74 a Mi­lano negli anni del terrorismo dove le piazze erano polveriere e tanti colleghi avevano avuto la peggio, ri­schiò di es­sere bruciato vivo per una mo­lotov scoppiatagli sotto i piedi. A Le­gnano la malavita del posto voleva fargli la pel­le.

“Mi tesero una trappola in una trattoria – rivela Luigi – con un bastone mi fecero ca­dere la pistola, nel parapiglia la recuperai e mi salvai, poi per sicurezza fui trasferito e tornai a Milano nel reparto volanti, in cui sono stato per vent’anni”.

Negli anni della volante, re­cuperando ingenti refurtive, arresta 700 persone tra latitanti, terroristi, rapinatori e personaggi malavitosi di spicco, diventando un punto di ri­ferimento della questura mi­lanese. Si porta dietro mol­te cicatrici per i danni su­bìti in servizio, ben 9 patologie. Nel 1988 due banditi rapinano una banca e si lancia nell’inseguimento.

“Vidi un collega, arrivato prima di me, cadere a terra dopo aver ricevuto un colpo di pistola – racconta Di Be­nedetto – non essendo ancora stato visto e impossibilitato di centrare il criminale troppo lontano, come un giaguaro mi avvicinai a ridosso del rapinatore appostandomi dietro la sua macchina, in cui era en­trato per fuggire. Un’ iniziativa repentina e coraggiosa la mia, altri colleghi erano mol­to dietro di me, gridai al bandito di gettare le armi, mi spa­rò vari colpi che evitai e risposi al fuoco, nel mentre un altro rapinatore mi sbucò alle spalle puntandomi la pistola sulla testa, miracolosamente l’arma che ferì poco prima un passante, fece cilecca. Il delinquente in auto uscì con un mi­tra, mi abbassai per non dargli tutto il corpo e lo freddai”.

Un’azione che gli valse una Medaglia d’Oro e dei gradi al merito con avanzamento speciale, ma poteva valere una medaglia al valor civile. Una notte salvò cinque persone anziane e un suo collega durante un in­cendio, una vera impresa, passata quasi inosservata e senza riconoscimenti come quando salvò un ragazzo che si stava buttando da un cornicione. In una pericolosa operazione, prima di sfondare una porta per un’ir­ru­zio­ne, un gregario alle sue spalle premette accidentalmente il grilletto della mi­traglia fa­cendogli la barba al­la schiena, non si scompose e sbrogliò ugualmente il caso arrestando un’ex guardia giurata che sparava all’impazzata nel suo appartamento. Una vita in prima linea.

“Quando scovai un malvivente in un bagno di un pa­lazzo – ricorda Luigi – ci puntammo la pistola in faccia a vicenda, mi sfidò, ma non potevo sparargli o di riflesso l’avrebbe fatto lui. Lo colpii in modo fulmineo alla mano, lo disarmai e lo ammanettai”.

Rischiare la vita era routine. “L’istinto mi guidava ogni volta, poi professionalità e addestramento ricevuto facevano il resto. Non ho mai avu­­to paura ma solo delle riflessioni postume quando ho temuto per l’incolumità di mio figlio mi sono fatto traferire a Pescara, risolvendo nu­merosi casi”.

Premi e molto altro da raccontare, tutto raccolto in un li­bro da pubblicare al più presto. Ora è ispettore della sua agenzia privata La Pan­tera e dirigente regionale delle Guar­die nazionali am­bientali, sempre pronto all’azione an­che adesso che po­trebbe trascorrere tranquillamente gli anni della pensione.

Unico ram­marico, non esser stato nominato Cava­liere della Re­pubblica, però una proposta ci fu.

“Forse in certe occasioni – afferma l’ex Ispettore Capo – mi sono esposto troppo an­dando incontro a situazioni a me sconvenienti, ma sempre a difesa del bene altrui, mia moglie e i miei figli conoscono tutto il mio valore e mi sti­mano, questa è la mia soddisfazione più grande”.

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