Caccia all’oro nero nell’Adriatico, il fronte del no incalza

Piattaforme petroliferePiattaforme petrolifere

di MARINA MORETTI

Dal Veneto alla Puglia, il petrolio chiama e lo Stato risponde. Il sì alla ricerca di oro nero nel mare Adriatico, deciso dal Consiglio di Stato, spinge il fronte del no a in­asprire la battaglia, resa più ardua dalla bocciatura dei ricorsi presentati dalle Re­gioni Abruzzo e Puglia contro il ministero dell’Am­biente e la società Spectrum Geo Lfd.

La decisione di autorizzare le attività di prospezione e ricerca di gas al largo della costa adriatica, è contenuta nelle sentenze pubblicate a marzo dal Con­siglio di Sta­to, secondo il quale i motivi della richiesta sono “in par­te infondati e in parte inammissibili”. I ricorsi contro i decreti del ministero dell’ Am­biente che davano il via libera alla ricerca di idrocarburi con la tecnica dell’air gun – e potenzialmente alle successive trivellazioni – era­­no stati proposti lo scorso 26 ottobre dall’Abruzzo, dalla Puglia e da alcuni Comuni pugliesi. Sotto ac­cusa è la di­scussa tecnica dell’air gun, i cui effetti po­trebbero ripercuotersi sulla fauna e sulla flora marina. Il procedimento consiste nel provocare delle esplosioni sott’acqua con cannoni ad aria compressa, generando così delle onde sismiche sottomarine. Subito dopo, tramite dei rilevatori sonori, viene verificata l’eventuale presenza di petrolio. Già nel 2016 il Tar del Lazio aveva rigettato il ricorso di primo grado della Regione Puglia, che si è poi rivolta al Consi­glio di Stato per cercare di ribaltare la sen­tenza. Esito analogo per il ricorso presentato dall’A­bruzzo, che ora invece sembra sempre più vicino all’avvio delle piattaforme per la ricerca di gas e idrocarburi sul fondale marino. L’area in­teressata è di oltre 30mila metri quadrati e tocca numerose città adriatiche, da Ri­mini a Ter­moli, da Rodi Gar­ganico a Santa Maria di Leu­­ca.

In attesa della relazione del gruppo tecnico incaricato dal ministero dello Sv­i­luppo economico a fornire una valutazione suppletiva alle indagini geofisiche legate alla ricerca di idrocarburi, la associazioni e i comitati in­vocano lo stop all’air gun e si rivolgono anche ai parlamentari appena eletti. Di­ver­si studi internazionali confermano che i danni del rapido rilascio di aria compressa nell’acqua del mare e le on­de sonore a bassa frequenza rappresentano un’importan­te fonte di inquinamento acustico dell’ambiente marino, av­vertibile anche a di­versi chilometri di distanza dall’esplosione. Le violente esplosioni di aria compressa aprirebbero dei “buchi” nello zo­oplan­cton (la base della catena alimentare marina) a de­stra e a sinistra per più di un chilometro, con effetti nefasti su cetacei, pesci e tartarughe. Lo scorso 8 aprile, pochi giorni dopo il pronunciamento del Consiglio di Stato, in sei regioni adriatiche (Mar­che, Molise, Emilia Roma­gna, Veneto, Puglia e Abruz­zo) contro i progetti di prospezione petrolifera con l’air gun si sono tenuti vari eventi in contemporanea.

En­zo Di Salvatore, padre del Referendum No Triv e di numerosi ricorsi contro il decreto Sblocca Italia, che ha spianato la strada ai progetti più contestati, dopo la sentenza ha dichiarato: “La ri­cre­azione è finita! La battaglia contro le trivelle non si vince unicamente impegnandosi fino allo sfinimento nel­le aule dei tribunali, armati di co­dici e studiando ogni utile strategia giudiziaria. Occorre un cambio di passo di cui la classe dirigente di questo pae­se non si è mo­strata finora minimamente capace”.

Le associazioni ambientaliste e i comitati No Triv, di nuovo sul piede di guerra dopo avere scongiurato l’in­sediamento della piattaforma Ombrina al largo della costa teatina, contestano il modello energetico fondato sullo sfruttamento delle fonti fossili. Enrico Gaglia­no, co­fonda­to­re del coordinamento na­zionale No Triv, si dice convinto che il nodo sia stato e resti politico: “In at­tesa di conoscere se e qua­le maggioranza si costituirà in Par­la­mento e quale Go­verno, è necessario che tutte le forze politiche, in particolare quelle uscite rafforzate dal voto del 4 marzo, assumano piena consapevolezza dell’improcrastinabilità di scelte dirompenti che portino l’Italia a farsi promotrice di una mo­ratoria generale, in tutto il bacino del Mediter­raneo e su terraferma, delle attività di ricerca e sfruttamento delle fonti fossili”.
Il prossimo appuntamento è a Sulmona, dove il 21 aprile alle 15 i No Triv parteciperanno alla grande manifestazione contro la centrale Snam e il gasdotto Rete Adria­tica, che già conta su oltre 250 adesioni, tra associazioni,  movimenti, Comu­ni, aree protette, operatori economici, sindacati, partiti e amministrazioni locali.

Articolo offerto da: