di MICHELE BRUNETTI
La festa di Halloween non è estranea alla cultura e alle tradizioni popolari italiane. Nell’Italia meridionale, come in provincia di Pescara, nelle notti di Ognissanti e di tutti i morti, i defunti tornano a casa per dissetarsi e nutrirsi.
Tornano per allontanare la malvagità, per giocare a carte, per assistere alla messa e recitare il Rosario lungo le vie dei paesi. Vita e morte sono ancora più congiunte. A Serramonacesca in queste nebbiose serate, le anime dei defunti vagano per le vie del paese, fermandosi nelle case a chiedere che venga dato loro qualcosa. Ecco come nasce la tradizione folcloristica. Nella notte del 31 ottobre i bambini del paesino pescarese passano di casa in casa portando in mano una zucca illuminata da una candela, per bussare ad ogni portone. Le zucche lavorate a mo’ di testa rappresentano le anime dei trapassati. Al tocchettio deciso sul proprio portone, il padrone domanderà chi sia a disturbare e i fanciulli risponderanno: “Siamo l’aneme de le morte”. Successivamente riceveranno monetine, frutta secca e caramelle, poi via verso le altre abitazioni. In Abruzzo la pietas verso i defunti è sempre stata molto sentita, le usanze e i rituali legati alle anime dei morti e ai loro rapporti con il mondo dei vivi sono i riflessi di antiche credenze. Su qualche davanzale vediamo ancora finestre illuninate dai lumini accesi per i morti.
Fino a pochi decenni fa, negli antichi borghi, quando le case erano ancora tutte abitate, i paesi assumevano l’aspetto di una diffusa luminaria in quanto si riteneva che alla mezzanotte della ricorrenza di tutti i santi, i morti abbandonassero le loro dimore nel cimitero e si recassero in processione per le viette peasane. In campagna resiste ancora l’usanza di spalancare una finestra della stanza in cui si trova il moribondo, perché esalando l’ultimo respiro, la sua anima possa uscire più facilmente, mettendo in bocca o in tasca al defunto una moneta per pagare il pedaggio per l’aldilà. La sera della vigilia del giorno dei morti, si appendevano le calze al caminetto piene di dolci per i bambini a cui si diceva che il contenuto era stato donato dai familiari defunti, passati durante la notte. Nella stessa sera, la sera del ritorno, il tavolo era lasciato apparecchiato. Piatto pieno, bottiglia di vino, bicchiere e un lume al centro. Dopo la processione, i morti sarebbero arrivati per cenare. Non dimentichiamo nemmeno la credenza che di notte avesse luogo un’altra messa speciale, di sole ombre, officiata dai preti defunti per tutti i morti del paese. Brividi tutti nostrani, altro che Halloween.